Bando ai convenevoli natalizi, Massaie, che tanto sono atea! Non cerco nemmeno di darvi un’idea originale per il pranzo di Natale o la mise en place per la cena di S.Silvestro. Niente lustrini e alberini. Qui potete solo leggere (e rifare, se lo riterrete opportuno) di una ricetta storica che profuma di bignè, monarchi, brodo caldo e freddi inverni di guerra.
Il Consumato con gallozzole (consommè con pasta reale) ha esattamente 100 anni ed è la prima portata del pranzo di Natale di Re Vittorio Emanuele III durante la Grande Guerra, nel 1916. Un menù firmato da Amedeo Pettini, il celeberrimo (per noi MassaieModerne) capo-cuoco di sua maestà.
L’ho scovata in un numero de La Cucina italiana del 1932, quasi per caso. Il ritrovamento di questo reperto archeologico-culinario ha provocato in me uno stupore simile a quello che deve aver provato lo svizzero Burckhardt quando scoprì la città giordana di Petra. O indiana Jones con il sacro Graal. O mio figlio con i 20 euro lasciati incustoditi sul tavolo della cucina.
Ho scelto di testare questa portata del menù per il nome curioso e bizzarro, come solo Pettini sapeva fare.
Ammiratelo, l’Amedeo, qui sotto, al centro della scena, distinto ed elegante, in tutta la sua beltà e con il baffetto sempre perfetto.
L’AMEDEO
Per farvela breve, l’Amedeo, nato a Firenze nel 1865, a 16 anni entra nelle cucine reali e comincia a girare il mondo al seguito del Re, a 39 anni diventa capo pasticciere, a 41 sotto capo cuoco. Nel 1926, a 51 anni, Pettini finalmente viene nominato Capo cuoco del Re. Nel ’32 arriva l’età pensionabile. Nel corso della sua carriera si è guadagnato 18 medaglie d’oro e argento per la sua attività e l’onorificenza di Cavaliere all’ordine della Corona D’Italia. Filofascista e filomonarchico (non è dato sapere se per convinzione o convenienza), con la fine della guerra è stato completamente dimenticato.
Quando iniziò la Prima Guerra mondiale, lui dirigeva la cucina personale della famiglia reale, alla quale ha dedicato decine di ricette nei suoi innumerevoli manuali e ricettari. Era al seguito del Re anche dal novembre 1917 al gennaio 1918, quando Vittorio Emanuele III soggiornò a Villa Giusti a Padova (dove nel ’18 venne firmato l‘Armistizio che pose fine alla guerra) per essere logisticamente vicino al suo esercito, sparpagliato sui fronti dell’Altipiano di Asiago, del Cadore e lungo il corso del Piave, subito dopo la terribile Disfatta di Caporetto di fine ottobre 1917.
Nella foto qui sotto, potete leggere il ricordo ricordo dell’Amedeo del suo Natale 1917.
L’arrivo a Villa Giusti, la schiscètta del Re, la mancanza di cibo e caffè per i soldati.
Il suo punto di vista sulla guerra.
NATALE 1916
Ma torniamo al menù del Natale 1916, quello con il Consumato di gallozzole. Non ho trovato immagini o informazioni certe su dove si trovasse il Re in quel dicembre 1916. La situazione era critica: 29esimo mese di guerra, 58.630 i caduti italiani e 140.940 feriti dall’inizio dell’anno.
L’inverno era rigido e le truppe italiane mal equipaggiate. Quelle sul fronte del Carso “godevano” di una calma apparente, uno stallo invernale dopo la nona e prima della decima Battaglia dell’Isonzo che si combatterà a maggio 1917. Andava anche peggio alle truppe di stanza sulle crode dolomitiche, dove di notte la temperatura scendeva a -40° e la neve era alta svariati metri.
Per capire meglio la situazione, vi invito a leggere qualche lettera dal fronte che l’Espresso ha diligentemente radunato in un sito bellissimo, poetico, che si chiama La Grande Guerra.
Questo invece è il bollettino dal Fronte, firmato Cadorna (il generalissimo Luigi, immagino), datata 21 dicembre 1916. Nove mesi prima di Caporetto.
Le migliorate condizioni atmosferiche consentirono ieri una maggiore attività di artiglierie e di velivoli.
Sulla fronte Tridentina duelli di artiglierie, più intensi nella zona di Valle Adige e sull’ Altopiano di Asiago.
Velivoli nemici tentarono incursioni sul nostro territorio, fugati ovunque dai tiri delle nostre batterie antiaeree.
Sulla fronte Giulia le artiglierie nemiche furono più attive nella zona di Plava (Medio Isonzo), ad est della Vertoibizza contro gli abitanti di Gorizia e di Monfalcone.
Le nostre ribatterono vigorosamente e colpirono più volte accantonamenti nemici in Comeno.
Nostri velivoli bombardarono la stazione di Dorimberga, nella Valle del Frigido (Vippacco), e le retrovie nemiche sul Carso.
Sfuggendo al fuoco di numerose batterie avversarie, ritornarono tutti ai propri campi.
Firmato: CADORNA
Era andata meglio nel Natale del 1914. l’Italia non era ancora entrata in guerra quando si compì il miracolo della famosa Tregua di Natale fra gli eserciti tedeschi e inglesi, come testimonia la foto qui sotto e come potete leggere qui.
LA RICETTA
Eccovi la trascrizione del menù reale del 1916 e il prologo scritto da Pettini su La Cucina Italiana del 1932. Come noterete, c’è affetto sincero nelle parole che Amedeo dedica al Re. E in effetti, è un piatto piacione, corroborante e rassicurante, ricco e divertente. L’ideale per i momenti di sconforto o malinconia.
PRANZO REGALE AL FRONTE
Nel numero di dicembre rivelai… i segreti di Corte, pubblicando il pranzo dei Sovrani in giorno di Natale.
Credo non meno interessante quest’altra “rarità”: la lista del pranzo di Natale del Re in guerra. Il nostro amato Re è sobrio, frugale. Ma chi aveva l’onore di dirigere la Sua mensa, doveva cercare di allietargliela – almeno dal lato gastronomico – durante le ori di maggiori ansie!
Forse ci riuscimmo.
Ho gia su queste colonne descritto il Natale del Sovrano durante il periodo bellico: oggi ne do qui, senza…. contorno, la lista con le ricette relative.
POTRA’ SERVIRE PER QUALCHE PRANZO DI ETICHETTA. La stagione si presta.
Ecco, dunque!
CONSUMATO CON GALLOZZOLE
PROSCIUTTO CON GELATINA
POLLO FRITTO ALLA FIORENTINA
LOMBO DI VITELLO CON CERTOSINE
SPUMA DI CACCIA FUMANTE
GIRELLI DI CARCIOFI ALL’ITALIANA
PAVONE E PICCIONI ARROSTO
INSALATA
PESCHE MARENGATE
TIMABALLO DI CIALDONI
CON GELATO DI VANIGLIA
Le Gallozzole – Son preparate con la pasta reale. Dose: 200 gr. acqua; 90 gr. di burro, presa di sale. Mettere a fuoco, fuori del bollore mescolare di un colpo 100 gr. di fior di farina; cottura 5 minuti, presa di zucchero, unire 3 uova una dietro l’altra con un tuorlo. Se freddo il composto unirvi mezzo cucchiaio di baking powder. A mezzo di un cartoccio ripieno di pasta spingete su teglia unta delle palline della grossezza di un cece, che fare cuocere in forno e quindi riempirete di un passato di pollo.
Tutto chiaro? Ho seguito paro paro le dosi della ricetta originale. Preparato dei piccoli bignè che poi ho riempito con una farcia di pollo. Ho usato il petto del pollo arrosto fatto la sera prima, profumato da scorze d’arancia, cipollotti e spezie varie. L’ho reso una poltiglia, aggiunto un filo d’olio un po’ di parmigiano grattugiato.
Per il Consumato o Consommè, vi fornisco la ricetta originale di Pettini dal suo meraviglioso Manuale di cucina e pasticceria del 1914, ed. Hoepli.
Si, vero, brave Massaie, il CcG è molto simile alla classicissima Minestra (o zuppa) reale (o imperiale) romagnola, solo che in quel caso i piccoli bignè sono vuoti.
Sì, vero, nel menù non c’è un primo piatto di pastasciutta o pasta ripiena, ma rientra nella normalità di quel tempo. I pranzi e le cene reali erano ancora e sempre aperti da una minestra, seguita da antipasto, pesce, carne, piatto di mezzo, piatto freddo piatto di verdura, arrosto e insalata, dolce caldo, gelato o dolce freddo, formaggio caldo, formaggio ordinario e, per finire, dessert.
Almeno per le occasioni di gala o pranzi e cene di rappresentanza, perché sembra che il Re non fosse una buona forchetta, come scrive lo stesso Pettini.
Se cerchiamo sul web il significato di “gallozzole“, scopriamo che si tratta di “vescichetta che si forma sulla pelle per scottatura, sfregamento o puntura di insetti”. Potrebbe essere un termine toscano o avere un’origine che ignoro. Non pensiamoci, anzi, dimentichiamo subito e concentriamoci sul loro gusto finale, che non è male.
Mi sono fatta spedire le foto del servizio di casa Savoia, con tanto di stemma reale, per farvi vedere la bellezza e l’eleganza di questi piatti e poterli immaginare ricolmi delle nostre gallozzole.
Si trovano esposti al Midec di Laveno (VA), il museo internazionale della ceramica. Fatevi un giretto, se ne avete l’occasione, il posto e i dintorni che ospitano il museo valgono il viaggio.
FINALE
Immersa nel brodo dell’entusiasmo per il suo ritrovo, avrei tanto voluto preparare tutto il menù natalizio-reale-centenario, ma, oltre alla difficoltà di reperire un pavone (già morto) da fare arrosto, ho dovuto combattere con le mille cose da fare e il poco tempo a disposizione. Come food blogger faccio acqua da tutte le parti.
Mi rifarò il prossimo Natale. Ora me lo segno.