L’articolo delle massaie sul numero di ottobre de La Cucina Italiana
Tanto facili da preparare quanto belli da vedere, questi deliziosi Filetti di rombo “Enotria”, rinvenuti nel numero di ottobre 1931, di fianco alla pagina con alcune ricette scritte dalle lettrici per il concorso “Con 10 lire due pasti al giorno per 4 persone”, con l’abbonata Giuseppina Romoglio di Biella e la sua proposta di gnocchi verdi, fegato composto e frutta per pranzo (5,40 Lire); minestra di latte, patate alle acciughe e capperi con formaggio per la cena (3,10 L., 1,50 L. per 1 kg. di pane). Semplicità e risparmio, ricette alla portata di tutte le italiche massaie in quel ’31, 10° anno di dittatura fascista, reso ancora più difficile dalla grave crisi economica seguita alla “grande depressione” americana del ’29. Ben più ricercato e costoso è invece il gruppo di ricette che comprende il nostro bel rombo. Merito del loro autore,Vittorio Ratto, illustre scrittore gourmet, collaboratore di altre testate gastronomiche dell’epoca, che da quel momento diventò a tutti gli effetti uno dei prestigiosi “oracoli” de La cucina italiana, assieme ad Amedeo Pettini, capocuoco del Re e curatore del Ricettario Carli, all’illustre gastronomo Mario Marinoni e a Giovanni Manfredi, capo cuoco del Grand’Hotel Majestic di Roma. Il Responso degli oracoli era la rubrica dove queste eccelse menti dei fornelli più blasonati della vecchia Europa scioglievano, come burro a bagnomaria, i dubbi cucinerecci delle fedeli abbonate. Ratto iniziò questa collaborazione con una raffica di ricette per palati fini di semplice realizzazione, come gli spaghetti al sugo di aragosta o i tordi e polenta all’italiana e il nostro rombo “Enotria”, saccentemente dedicato alla terra del vino e ai suoi abitanti, abili vinificatori, che attorno al XI sec. A.C. si stanziarono in alcune zone del sud Italia. L’uso della foglia di vite per avvolgere il rombo e i funghi in cottura è azzeccata, elegante alla vista e sorprendente al palato. Autorevolezza e competenza al servizio delle lettrici, per definire il limite invalicabile tra l’aristocrazia del gusto e il popolo delle massaie.
LA RICETTA:
Appiattite leggermente i filetti di rombo riserbati, marinarli con scalogno e prezzemolo tritati, olio fino, succo di limone, sale e pepe. Preparare 4 rettangoli di carta bianca resistente e ungerla abbondantemente con olio, da ambo i lati. Procurare delle tenere foglie di vite alle quali si leverà il gambo e ben lavate si metteranno a scolare e asciugare. Occorrono ancora 6 grossi funghi ovali sani ed appena sbocciati, che pelati e lavati si taglieranno a fettine sottili e si saleranno leggermente.
Procedimento: su ogni rettangolo di carta stendere le foglie d’uva in modo da ricoprirne il centro per un po’ meno della metà della superficie, sopra alle foglie porre uno strato di funghi e sopra a questi un filetto di rombo. Ripetere l’operazione in senso inverso, cioè: sopra al filetto i funghi e sopra a questi le foglie.
Così preparati, raccogliere i due lembi lunghi della carta e con pieghe successive formare il cartoccio, fare altrettanto con i lati opposti in modo che vanga chiuso ermeticamente. Poggiare questi cartocci su d’una griglia doppia di spesso filo di ferro e metterli ad un buon fuoco di carbone dolce, ma a giusta distanza perché i cartocci possano rimanervi dieci minuti da una parte e dieci dall’altra senza che la carta s’abbruci. Il fuoco dev’essere ben acceso ed uniforme, ma non in grande quantità: la distanza da questo a cui va posta griglia, sarà da 25 a 30 centimetri circa.
Scartocciare a questo punto di filetti, farli scivolare senza scomporli su d’un piatto resistente al calore con tutto il loro contenuto, mettere al fuoco per tanto tempo quanto basta per farli asciugare dall’umidità e renderli così più saporiti.
Eccovi la prima pagina del giornale
E la pagina con le ricette di Vittorio Ratto