Massaie! At-tenti! Ve lo impone l’Amedeo, che ci offre una bella lezione di “autarchia e velocità“. Che poi.. tanto veloce non è sta ricetta, visto che ci vogliono 3 giri di lievitazione prima di infornarla. Ma tant’è, capirete di cosa parla leggendo l’articolo che trovate qui sotto. Una cosa per volta.
Se vi sembra di averla già vista, avete ragione. Chiamatela buchteln o Danubio dolce, è lei! In sostanza, palline di pan brioche con ripieno di marmellata (di ciliegie, in questo caso), tradizionali della cucina boema, austriaca e ladina. Niente di nuovo, non fosse per il nome che l’Amedeo (sempre lui, il Pettini) diede a questo dolce in quel numero del 1938 de La cucina italiana: Autarchini al vapore.
Soch, che meraviglioso piglio creativo! Che scaltrezza! Ancora e sempre, Pettini usa il cibo per promuovere l’autosufficienza economica voluta dal regime fascista in seguito alle sanzioni comminate dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia e la conseguente guerra. Sanzioni che rimasero in vigore per pochi mesi, dal novembre 1935 al luglio 1936.
L’autarchia caratterizzò la politica fascista a partire dal marzo 1936 e prese l’avvio ufficiale con il discorso di Mussolini all’Assemblea delle Corporazioni in Campidoglio, mentre la propaganda di regime continuò a spingere sull’argomento anche dopo la fine delle sanzioni, intensificandosi sempre di più con l’avvicinarsi della guerra.
Non c’è tempo da perdere, massaie! Nemmeno in cucina! Ecco quindi le ricette (non solo cucinerecce) dell’Amedeo per una CUCINA IN TEMPO DI RECORD! (se cliccate sulla foto, riuscirete a leggere meglio)
Brevità e chiarezza, massaie! Lo impone la modernità, il Duce, la Patria. E’ illuminante leggere queste righe, si riesce a percepire il respiro di quel tempo, drammaticamente in corsa verso una guerra che coinvolgerà il mondo intero, che porterà annientamento, distruzione, fame e paura. Qui potete leggere la cronologia di quel 1938, qui altre ricette dello stesso anno (firmate da Pettini), tra cui la significativa Vivanda italianissima, piatto concepito dall’Amedeo in concomitanza con l’uscita del Manifesto della razza.
sigh.
e prima di dimenticarmene, eccovi la ricetta trascritta
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LA RICETTA
Un dolce: Autarchini al vapore
Preparate un panetto soffice con 25 gr. di lievito di birra, 100 gr. di farina ed un po’ di latte tiepido lasciandolo lievitare al coperto. Nel frattempo mettete sulla spianatoia 220 gr. di farina, raschiatura di limone, 1 uovo, 2 tuorli, 35 gr. di zucchero, presa di sale, 2 cucchiai di rum e 60 gr. di burro appena sciolto. Lavorate la pasta, Dapprima che sia duretta, poi aggiugetevi qualche cucchiaio di latte fino a raggiungere la densità di una crema; e mescolatevi il panetto lievitato quando sulla superficie della pasta si formano delle bollicine. Teete al coperto, in luogo tiepido. Raddoppiata che sia spiaatela aiutandovi con leggere infarinature e ritagliatene dei torndelli: applicandovi nel centro quanto una ciliegia di marmellata, racchiudendovela bene dentro. In uno stampo basso scioglietevi 100 gr. di burro, avvoltolatevi con garbo i pasticcini; allineandoli uno accostato all’altro, fino a colmare lo stampo. Lasciateli lievitare e poi cuoceteli in forno di medio calore; staccate infine gli autarchini e serviteli spolverizzati con zucchero impalpabile e una crema calda.
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In realtà, la ricetta inizia così:
I due nomi hanno un po’ lo stesso significato: l’uno e l’altro vogliono dire fare con sollecitudine, coi propri mezzi. V’è un po’ dell’800 e molto del ‘900.
Pettini si riferisce ad “autarchia” e “vapore”. E io che pensavo che il vapore in questione fosse quello necessario alla lievitazione dell’impasto… Ingenua! Invece no, è solo un mezzo per esprimere un concetto. Autarchia e vapore, nuovo e vecchio secolo assieme. Il vapore che nell’800 aveva permesso l’avvio del processo di industrializzazione, di rinnovamento e miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (per gli industriali, mica per i lavoratori). L’autachia fascista che, secondo l’Amedeo, stava aiutando l’Italia e gli italiani a migliorare lo stile di vita in quel nuovo squarcio di secolo.
Ma, al di là del significato, il vapore aiuta la lievitazione, questo lo sanno anche i sassi.
Io faccio così: prendo un pentolino colmo d’acqua bollente e lo metto dentro il forno spento con l’impasto da lievitare. Si crea così una piccola cella di lievitazione che in brevissimo tempo farà crescere e crescere fino al punto giusto ogni vostra pasta.
Per il resto la ricetta è semplice, non credo che servano altre spiegazioni, no?