1933 GAMBERETTI PER RAFFINATI

Banane e gamberetti, gamberetti e banane: si può riassumere così questa ricetta. Pensare che fosse destinata a palati raffinati ci fa rabbrividire all’istante, ma Silvia Castelli, che l’ha cucinata, assaggiata e commentata, pare non esserne così convinta.

Come in tutte le cose della vita, l’importante è non esagerare.

Conosco Silvia da un paio d’anni, è una tipa sempre allegra, simpatica e vivace, balla lo swing e insegna a cucinare nella sua scuola Peccati di gola a Novara. Quando mi ha chiesto di testare una ricetta del ‘900 per il sito massaico, ero contentissima.  Ha pure la fortuna di collaborare con un bravissimo fotografo, Emanuele Meschini, talmente bravo da far sembrare questo piatto buonissimo, invitante e scarpettabile.

Questa sua prima ricetta è tratta dal numero di luglio 1933 de La cucina italiana, dalla rubrica LA TAVOLA DEI BUONGUSTAI, sottosezione Piatti prelibati. La tavola dei buongustai era la parte del giornale che, dal 1929 alla fine del  1933, conteneva le ricette scritte da personaggi famosi, importanti, conosciuti.

Alle mie domande “La rifaresti? La proporresti a qualche tuo ospite?”, Silvia ha prontamente risposto con un deciso “NO!”

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di Silvia Castelli 

Questa ricetta arriva dal mare, in tutti i sensi: ok, è a base di pesce, ma è stata scritta in mare!

La motonave Città di Palermo ebbe un percorso professionale avvincente e fu una nave che visse due volte. La nostra storia, e quella dell’esotica ricetta che da lei proviene, è ambientata nella sua prima vita.

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L’imbarcazione fu completata nel 1930 a Palermo per la Florio Società Italiana di Navigazione; l’unità era originariamente una motonave passeggeri da 5413 tonnellate spinta da due motori diesel che permettevano l’elevata velocità di 19 nodi. Dopo il completamento la motonave venne destinata alle linee veloci tra Napoli, Palermo, Tripoli e Tunisi.
Nel marzo 1932 la Florio si fuse con la Compagnia Italiana Transatlantica formando la «Tirrenia Flotte Riunite Florio-Citra», che il 21 dicembre 1936, a seguito dell’unione con altre compagnie minori, formò la Tirrenia Società Anonima di Navigazione.
Nel 1937 la Città di Palermo trasportò a Palermo il principe di Piemonte Umberto di Savoia, mentre nel 1938 trasportò da Napoli a Tripoli i principi di Piemonte in visita in Libia.

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ll 23 giugno 1940, qualche settimana dopo l’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale, la Città di Palermo iniziò la sua seconda vita, decisamente più movimentata e meno nobile della prima: venne requisita dalla Regia Marina e divenne un incrociatore ausiliario, armato con quattro cannoni e quattro mitragliere.
Dopo essere sopravvissuto a diversi attacchi durante i suoi spostamenti nel Mediterraneo, il 4 gennaio 1942 il Città di Palermo, lasciò Brindisi diretto a Patrasso, con a bordo circa 600 militari oltre all’equipaggio, per un totale di 981 uomini.

Intorno alle otto del mattino del 5 gennaio, tra le isole di Santa Maura e Cefalonia, l’unità venne avvistata dal sommergibile britannico Proteus, che gli lanciò due siluri. A bordo gran parte dell’equipaggio stava facendo colazione o comunque si tratteneva sottocoperta, a causa delle basse temperature esterne.
In soli sei minuti il Città di Palermo s’inabissò trascinando con sé la maggior parte dell’equipaggio e la quasi totalità dei 600 uomini che stava trasportando. In totale vennero tratti in salvo 60 sopravvissuti.
Storie ordinarie di guerra, insomma.

Ma a noi piace ricordare la Città di Palermo mentre solca le onde del Mediterraneo qualche anno prima, nel 1933 per l’esattezza, sotto il il sole di luglio, con le signore coi cappelli e le collane di perle sui ponti.
Magari proprio da una di queste arriva la nostra ricetta, o forse dal cuoco della motonave, avvezzo al “meltin’ pot” dei porti e delle culture, visto l’accostamento di ingredienti che vuole rendere la ricetta vagamente esotica.

 

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La ricetta compare nel numero di luglio 1933 de La Cucina Italiana, nella rubrica “Piatti Prelibati” ed è intitolata “Gamberetti per raffinati”, a base ovviamente di gamberi, banane (ebbene sì… banane!), pomodori, panna (vuoi mica stare senza?) e qualche altro elemento di gusto.
A chiusura della ricetta si dice che questo piatto “potrà trovare amatori tra le persone di gusto molto raffinato e ricche perché assai costoso e difficilissima la preparazione”. Le banane in effetti non erano così usuali negli anni ’30, ed è facile capire che fossero un cibo per pochi, difficile da reperire al di fuori dei grandi centri urbani.

La Cucina Italiana si prodigò molto per diffondere l’uso, farne capire il valore nutrizionale e la bontà, con pubblicità progresso e ricette dedicate. Propaganda fascista anche in questo caso, a supporto della politica coloniale intrapresa dal Duce alla fine degli anni ’20.
Oggi l’accostamento fa un po’ rabbrividire, ma, incredibilmente, il risultato finale è meno peggio di quanto si possa immaginare! Certo, ne bastano un paio di bocconi e si è soddisfatti… da vero piatto gourmet!

LA RICETTA

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Ecco la mia versione, di poco diversa:

1 scalogno, 250 gr di code di mazzancolle, 3 pomodori ramati ridotti in concassè, una noce di burro, tre banane, 250 gr di panna, mezzo bicchiere di prosecco, sale e pepe.

Fondere in burro in un tegame antiaderente, tritare lo scalogno e brasarlo a fuoco bassissimo con poca acqua e un coppino di alluminio. Aggiungere i pomodori concassè, insaporire un paio di minuti, unire una banana a rondelle, la panna, restringere un poco. Aggiungere le code di mazzancolle private del carapace e del filo nero sulla schiena. Cuocere 5 minuti. Insaporire con sale e pepe.
A parte, schiacchiare due banane e trasferirle in un tegame caldo. Sfumare con vino bianco e restringere. Aggiustare di sale e pepe.
Trasferire il composto di gamberi in una pirofila da forno e coprire con la purè. Gratinare a 180°C per qualche minuto. Servire caldo.

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gamberetti raffinati 6Foto di Emanuele Meschini